Di fronte alla guerra… non fate niente (anzi, fate altro) 

 

Un imprenditore agricolo, di scarsa cultura, partecipava tutti gli anni alla principale fiera agricola della sua città. La cosa più straordinaria è che ogni anno vinceva il trofeo al Concorso del Mais dell’anno. Entrava con il suo mais alla fiera e usciva con la fascia azzurra sul petto. Il suo prodotto era ogni anno migliore del precedente. 

Una volta, un giornalista lo intervistò dopo la consueta cerimonia e rimase affascinato dal metodo che l’uomo usava per ottenere il suo prodotto di qualità. Scoprì che l’agricoltore condivideva buona parte dei semi migliori della sua piantagione di mais con i vicini. “Perché condivide i semi migliori con i vicini” gli chiese “visto che competono direttamente con lei?” 

“È semplice!” rispose l’agricoltore. “Il vento raccoglie il polline del mais maturo e lo porta di campo in campo. Se i miei vicini coltivassero mais più scadente del mio, l’impollinazione peggiorerebbe continuamente la qualità del mio prodotto. Se voglio ottenere un buon mais, devo aiutarli a coltivare il meglio, offrendo loro i semi migliori”. 

E aggiunse: “Capisce che siamo tutti importanti e che per vivere bene dipendiamo gli uni dagli altri? Spero che anche lei possa aiutare i suoi vicini a coltivare sempre i semi migliori, il mais migliore e le migliori amicizie”. 

 

Adolfo Pérez Esquivel, Premio Nobel per la Pace
In A. P. Esquivel e D. Ikeda La forza della speranza, Esperia edizioni, 2016

 

 

Con questa storiella voglio raccontarvi cosa rispondiamo quando a Casa per la Pace ci domandano: “Che cosa state facendo per contrastare la guerra in Ucraina?” Perché la risposta immediata sarebbe: niente. O meglio, niente di nuovo, da quando nel 2001 è nata CasaPace, per essere un luogo stabile di Nonviolenza. E non solo quando scoppiano le guerre: in quel caso è tardi per poter fare qualcosa di diverso che mettere toppe, sanare feriti, ricostruire la distruzione, sostenere le vittime… 

Allora vi racconto il nostro “niente di nuovo”. 

Perché non facciamo niente o quasi niente durante l’emergenza, se non sostenere dal nostro piccolo chi a sua volta sostiene le vittime? Perché siamo consapevoli che la Nonviolenza non ferma la violenza diretta. Siamo con Martin Luther King, che disse: “Anche se domani dovesse finire il mondo, io lo stesso pianterei il mio albero”. La Nonviolenza è l’albero. 

La Nonviolenza lavora alle costole e alle radici delle ingiustizie, smaschera dinamiche che ci permettono di agire prima che sia troppo tardi. La Nonviolenza è lenta, non è facile e non ha molta visibilità, ma permette di far emergere i bisogni delle parti, propone una comunicazione efficace, e dà la possibilità di trasformare i conflitti in opportunità di crescita, personale e collettiva. La Nonviolenza agisce nella mediazione, ascoltando le parti: un allenamento che ci manca. La nostra scuola pone questi obiettivi nei propri PTOF?  

La Nonviolenza legge nel conflitto che la guerra e la violenza sono solo la punta dell’iceberg, quindi lavora a un livello più profondo, nell’area invisibile, dove vivono le emozioni, i traumi, lo scontro di interessi, la disparità nell’accesso alle risorse, le difficoltà di comunicazione, gli squilibri economici, culturali, la paura, il potere… 

Ed è lì che anche la scuola lavora, o dovrebbe lavorare. Forse non sempre è consapevole del potere che ha, o potrebbe avere, nell’apprendimento della gestione dei conflitti. Prima che diventino guerre dove non si può più fare niente, se non curare le ferite. 

Mercedes Mas Solé